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Nel corso del Cinquecento attorno all'Arsenale non matura soltanto
un'ideologia dell'antico e della sobrietà che partecipa della crisi del
patriziato veneziano, si afferma anche un'ideologia della pratica, della
tecnica e del lavoro, destinata a caratterizzare fino alla caduta della
Repubblica la cultura di chi era incaricato dei compiti più empirici. È
necessario ricordare come, negli anni che vanno dal 1525 al 1550, l'Arsenale
vede il fallimento dell'esperimento umanistico di Vettor Fausto che aveva
cercato di introdurre per la prima volta a Venezia e nella cultura
dell'Occidente il concetto di "architettura navale", e cioè di un
momento teorico che precedesse la pratica esecuzione. Momento fondante di
questa nuova disciplina, nell'intenzione del Fausto, doveva essere l'uso delle
matematiche, che sole avrebbero potuto annullare i troppi saperi settoriali dei
singoli maestri. Le attività edilizie all'interno dell'Arsenale
continueranno a essere coordinate e dirette da un soprastante (proto
) proveniente dalle corporazioni artigiane. Sarà destinato a
fallire anche il tentativo di affidare ad un unico proto l'insieme delle
fabbriche pubbliche della città, e resterà così isolata e
non più ripetuta l'esperienza di Antonio da Ponte, proto al magistrato
al sal , che tra il 1575 e il 1590 sarà attivo all'Arsenale come
proto alle fabbriche di questo.
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